Oggi il suo nome rimane
immortale nella mente di ogni spettatore, i suoi film cortometraggi o
lungometraggi lasciano ancora spazio al riso, alla commozione,
all’ammirazione di un talento senza confini, la cui genialità fa parte del
patrimonio cinematografico mondiale.
Si dice che nacque il 16 aprile 1889 nell’East Lane, Walworth (Londra), si
dice perché ancora oggi non esiste un certificato che ne testimoni questa
data e questo luogo. Diverse furono le località che gli attribuirono i
natali, ma lo stesso Chaplin diceva di essere nato a Fontainebleau in
Francia.
Certo è che visse la sua infanzia a Londra nel quartiere Kennington, un
luogo nel quale vivevano molti artisti della vaudeville dell’epoca
vittoriana. Il padre di Charles, Charles Chaplin senior, fu un
cantante-ballerino di music hall, la sua carriera conobbe momenti di
popolarità e prosperità economica, visto che apparve in diverse locandine
del tempo. Ma cadde preda dell’alcolismo e quando Charles ebbe 12 anni il
padre morì, mentre la madre cantante di music hall ebbe poca fortuna nello
spettacolo, ben presto si trovò da sola a dover accudire il piccolo e il
fratellastro Sydney e secondo quando racconta il futuro attore nella sua
biografia dovette patire molti momenti di povertà. Alla fine la madre
cedette alla tensione, ebbe un forte esaurimento tanto da essere rinchiusa
in un manicomio e i due fratelli furono affidati a vari orfanatrofi e
istituti.
Il suo destino era quello dello spettacolo, esserì sempre di essersi esibito
all’età di cinque anni quando dovette sostituire la madre sul palcoscenico
dell’Andreshot Canteen, perché aveva perso la voce. A otto anni si unì alla
compagnia di “Eight Lancashire Lads” di Jackson, la più famosa del periodo
nel campo del music-hall. Qualche gionale parlò di lui come attore-bambino
prodigio e lui recitò anche nei teatri del West End e in provincia.
Nello stesso periodo il fratello Sydney era diventato un commediante molto
ricercato con una compagnia di Fred Karno, acrobata, che creò a Londra una
scuola di attori chiamata “Fun Factory”. Gli attori allenati da Karno
risultavano in quel periodo essere i migliori in assoluto sulle scene del
music-hall. Così Sydney convinse Karno ad assumere Charles per fargli
interpretare uno sketch intitolato “The Football Match”. Ebbe successo e in
capo a due anni divenne il primo attore della compagnia, tanto che Karno
decise di fare una tournèe negli Stati Uniti nel 1910-11 e di nuovo nel
1912-13. Fu questa seconda tournèe che lo fece conoscere alla società
cinematografica Keystone diretta da Mack Sennett il quale gli propose un
contratto per l’epoca d’oro di circa 150 dollari la settimana il doppio
offertogli da Karno e Charles non rifiutò. Si trovò, abituato al genere
inglese, fin da subito non a suo agio in questo nuovo ambiente fatto di
‘torte in faccia’ e sketch sbrigativi, il tutto girato nel trambusto e nel
caos. Fece una prima collaborazione con il regista Henry Lehrman, che gli
suggerì alcuni segreti e poi conobbe la sua partner di lavoro l’attrice
comica Mabel Normand, la quale lo aiutò molto ad inserirsi nell’ambiente
americano.
Il primo film di Chaplin fu "Charlot giornalista" (Making a Living) 1914, fu
ben accolto, ma il futuro attore stentava nell'interpretazione, mentre la
seconda interpretazione in "Charlot si distingue" (Kid Auto Races at Venice),
1914, cinque minuti in cui prendeva finalmente le sembianze di quello che
sarebbe divenuto in futuro. Qui vestiva con un costume, che, narra la
leggenda, era stato composto da vari pezzi d'abbigliamento presi da altri
comici della compagnia di Fatty Arbuckle: gli enormi pantaloni erano proprio
di Arbuckle, la giacca stretta di Cahrles Avery; cappello a bombetta del
suocero di Arbuckle, gli stivali fuori misura (tanto da porteli portare
anche con il piede sbagliato!) di Ford Sterling, i baffetti a spazzolino di
Mack Swain. Disse lo stesso Chaplin: "Non avevo alcuna idea su come crearmi
un personaggio. Ma nel momento in cui mi vestii, gli abiti e il trucco mi
fecero sentire quello che era. Incominciai a conoscerlo e, al momento in cui
salii sul palcoscenico, esso era completamento formato." Nasceva così il
personaggio Charlot.
Nel 1915 Chaplin era ancora con i Keystore, guadagnava, divertiva e
imparava, visto che in quell'anno aveva fatto trentacinque film. Dal
dodicesimo "Charlot garzone di caffè" (Caught in a Cabaret), 1914, iniziò a
fare l'aiuto regista, dal ventesimo "Gas esilarante" (Laughting Gas), 1914,
fu sempre regista di se stesso.
le comiche si presentavano sempre allo stesso modo: ubriacature, amori
illeciti, dentisti, martellate, inseguimenti a piedi e in auto, mariti
gelosi, scontri di automobili, arresti, soldi ecc... materiale di comicità
genuina che faceva presa sul pubblico. Nel frattempo Chaplin studiava anche
la possibilità di diventare sceneggiatore come in "The New Janitor" (1914),
mentre il lato dell'attore evolveva sempre di più. Sempre nel 1915 l’attore
inglese passò alla Essanay, fu uno dei numerosi trasferimenti da una casa
all’altra che servivano solo a Chaplin per un guadagno maggiore. Ma qui in
questa nuova casa di produzione con sede a Chicago si trovò spaesato, ma,
nonostante ciò, riportò un grande successo con la commedia “His New Job”
1915. Quando si trasferì sulla West Coast scoprì e portò con sé Roland
Totheroh, l’operatore di fiducia che lo accompagnerà per oltre trent’anni di
attività. Abitando, poi, a Niles in California iniziò a formare una sua
compagnia, qui scoprì Edna Purviance, stenografa a digiuno di recitazione,
ma fisicamente molto bella. Diventerà per l’autore nei successivi otto anni
la sua protagonista femminile che meglio avrebbe interpretato le sue idee,
che al tempo stesso maturarono anche una forte vena romantica.
“Charlot vagabondo” (The Tramp), 1915 e “Charlot inserviente di banca” (The
Bank), 1915 girati per l’Essanay dimostrarono il cambiamento di stile,
l’attore diventava sempre più certosino nel girare i suoi cortometraggi,
curava i set, l’ambientazione, lo stile di svolgimento, si sentiva
l’ambizione di far bene. Quando ad esempio fece “Charlot marinaio” (Shanghaied),
1915, arrivò a far ingrandire ‘con effetti speciali’ un boccale di birra per
mostrare la drammaticità di una scena. Non mancavano i primi tocchi di
drammaticità sociale come negli ultimi film della Essanay, “Charlot ladro”
(Police), 1916, che saranno poi ripresi e sviluppati ne “Il monello” e altri
suoi film parlati.
Passato alla nuova casa di produzione la Mutual, Chaplin guadagnava 100.000
dollari la settimana, più un premio extra annuale. Girò così in 16 mesi 12
film; naturalmente cortometraggi ma sempre più raffinati nelle gag i cui
titoli suggerivano già quale sarebbe stata l’ambientazione come ad esempio
“Charlot caporeparto” (The Floorwalker), 1916, “Charlot pompiere” (The
Fireman), 1916, “Charlot macchinista” (Behind the Screen), 1916, “Charlot al
pattinaggio” (The Rink), 1916, “La cura miracolosa” (The Cure), 1917.
Quanta cura impiegasse lo si può capire solo vedendo “Charlot rientra tardi”
(Ome a.m.), 1916, in un’unica azione deve combattere in stato di ubriachezza
contro la serratura di casa che non si apre, il letto, un tappetino e tanti
altri oggetti. In “Charlot usuraio” (The Paw Shop), 1916 lo troviamo nei
panni di un orologiaio alle prese con l’autopsia di una sveglia di un
cliente. Iniziò in questo periodo la sua perlustrazione nel genere
drammatico, “Il vagabondo” (The vagabond), 1916 e “L’emigrante” (The
Immigrant), 1917 testimoniano la sua predisposizione verso questo tipo di
atmosfere.
Con il nuovo contratto con la First National Distributors riuscì a
realizzare forse il suo sogno più grande: avere uno studio proprio (creerà
la United Artists con gli attori-amici Douglas Fairbanks, Mary Pickford e il
famoso regista David W.Griffith) nel quale poter liberamente realizzare i
propri progetti e infatti ne sarà legato per i futuri ventiquattro anni. Il
nuovo contratto con la First National prevedeva di girare otto film in
diciotto mesi, Chaplin ne impiegò cinque anni, ma portò sullo schermo opere
ormai immortali come “Vita da cani” (A Dog’s Life), 1918 un parallelo molto
elegante per far comprendere come la vita di un vagabondo poteva essere
simile a quella del suo fedele cane. Fu poi duramente criticato durante la
prima guerra mondiale, quando rappresentò un altro capolavoro “Charlot
soldato” (Shoulder Arms) lo stesso autore vesti i panni di un soldato alle
prese con la guerra e la sua incapacità di svolgere quel lavoro. In “Una
giornata di vacanza” (A Day’s Pleasure), 1919 portava la famiglia in una
gita con la sua Ford e tra i protagonisti bambini c’era il piccolo Jackie
Coogan, il quale sarà poi il protagonista de “Il monello” (The Kid), 1921.
Proprio quest’opera ne decretò la fama di poeta, realizzando forse il suo
miglior film muto, “Il monello” ancor’oggi riesce a commuovere per lo stile
di realizzazione, i contenuti e soprattutto la recitazione dei due
protagonisti Chaplin da una parte capace di incantare il pubblico con le sue
azioni e dall’altra la semplicità del piccolo Coogan, impressionante nel suo
saper gareggiare nel recitare così piccolo con un maestro come Chaplin.
Il regista-attore decise di partire per l’Inghilterra e poi visitare
l’Europa, il viaggio in quei luoghi che lo avevano visto crescere gli
permise di maturare nuova ambizioni e nuove scelte artistiche. Di ritorno
dal viaggio girò nel 1926 “La donna di Parigi” (A Woman of Paris), un film
che ebbe poco successo commerciale, interpretato dalla sua fedele amica Edna
Purviance, la quale (ebbe poca fortuna nel mondo del cinema) interpretava
una ragazza di provincia che diventava una cortigiana. Il regista qui si
riservava una piccola particina, anche al pubblico non piacque molto.
Immediatamente la riscossa per Chaplin la si ebbe con i successivi film:
1925, un grande successo commerciale lo fece decollare nuovamente a grande
talento cinematografico grazie a “La febbre dell’oro” (The Gold Rush),
divertentissima parodia dei cercatori dell’oro in un Alaska completamente
ghiacciata e priva di ogni forma di alimento e comodità. Meno successo
commerciale lo ebbe con “Il circo” (The Circus), 1928, opera più
sofisticata, poco apprezzata dal pubblico, che lo voleva immerso, invece in
una serie di pasticci a cui sempre l’attore lo aveva abituato.
Dopo questi anni Venti, la produzione chapliniana rallentò bruscamente,
quasi cinque anni per ogni film, ma tutto dipese dal fatto che Chaplin e
altri attori del muto si trovarono a dover fare i conti con il passaggio dal
muto al sonoro, una sfida che lasciò quasi tutti spiazzati, ma non lui, che,
dopo aver realizzato “Luci della città” (City Lights) nel 1931 fece questo
esperimento, diresse il film muto e l’accompagnò lui stesso attraverso della
musiche da lui composte. Nel 1931, in pieno sviluppo del sonoro riuscì
nell’impresa “Luci della città” ebbe un grande successo commosse intere
generazioni e permise all’attore-regista di modificare il suo stile nella
nuova era sonora. Nel 1936 realizzò un film sociale, “Tempi moderni” (Modern
Times), divertente affresco sul mondo del lavoro, qui Chaplin porta per
l’ultima volta Charlot il Vagabondo che per decine e decine di film ha
accompagnato lo spettatore in migliaia di gag divertenti e commoventi. Un
film accusato di eccessi, di filosofare troppo, ma questa accusa non cadde
neppure quando mise in scena “Il grande dittatore” (The Great Dictator) nel
1940, satira sul totalitarismo e che affrontò il tema tragico della guerra
in una amara comicità. Alla fine delle riprese lo stesso autore ammise che
se avesse saputo per tempo quali orrori aveva creato la guerra e il nazismo
di Hitler non avrebbe mai avuto il coraggio di far ridere il pubblico con
quel genere di farsa. Nel 1947 passò al macabro e diresse “Monsieur Verdoux”
(id.), storia di un assassino di donne, tragico film con momenti di comicità
che non ebbero il successo che meritava e così durante la guerra fredda, nel
1953, dovette esiliare in America. Ma prima di lasciare il paese che l’aveva
reso celebre al mondo riuscì a portare sullo schermo un’altra grande
interpretazione in “Luci della ribalta” (Limelight), 1952, tributandosi un
ruolo che aveva dei cenni autobiografici specie nella sua prima giovinezza
di Londra. Calvero, questo il suo personaggio, attore ormai finito e dedito
all’alcolismo incontra la bella ballerina (Claire Bloom) colpita da paralisi
psicosomatica e decide di redimersi e aiutarla a tornare sulle scene.
Giunto in Inghilterra decise di girare un film sugli Stati Uniti e così fece
“Un re a New York” (A King in New York), 1957, un’opera amara e feroce
commedia sulle paranoie che l’America del tempo stava attraversando.
Concesse al figlio Michael di interpretare il ruolo che fece fare a Jackie
Coogan ne “Il monello”, ma questa volta in chiave anni Cinquanta. L’opera
non ebbe la fortuna che l’autore si aspettava, ma anche i tempi stavano
cambiando e l’ultimo film che volle realizzare fu “La contessa di Hong Kong”
(A Countess From Hong Kong) nel 1967 con Marlon Brando e Sophia Loren. Il
prodotto creato fu una commedia piacevole, romantica, ma certamente la
lavorazione ebbe non pochi problemi visto che i due protagonisti erano
inadatti al suo stile di lavoro.
L’età era avanzata, ma Chaplin non si arrendeva, anzi voleva portare sullo
schermo un film che non fece mai dal titolo “The Freak”, continuò a scrivere
musica per i suoi vecchi film muti, riadattava le nuove e vecchie partiture.
Per un gioco del destino, non vinse mai un premio benché le sue opere
meritassero sempre riconoscimenti, nel 1972 quando ancora era fuori dagli
Stati Uniti, si ricordarono di lui e gli assegnarono un Oscar alla carriera,
forse per riparare gli errori del passato. Chaplin comparve per l’ultima
volta dinnanzi al proprio pubblico per dimostrare che egli aveva lavorato
per più di ottant’anni, di cui sessantadue per il cinema, stabilendo
ancor’oggi un primato che nessuno può e potrà mai superare.
G.R.
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