Appassionato di teatro, divenne notorio al pubblico cinematografico per le sue caratteristiche parti di uomo raffinato e colto, riscuotendo sempre consensi di critica e successi ai botteghini.
Il suo vero nome era Webb Parmalee Hollenbeck, nato in una famiglia della contea di Marion nell’Indiana, di modeste condizioni, il padre era bigliettaio ferroviario, la madre, appena nato Clifton, si separò dal marito e con il piccolo si trasferì a New York, dove non ne volle mai parlare del padre. La vita del giovane bambino iniziò tutta in salita, ebbe delle lezioni private in casa, non frequentò la scuola, prese lezioni di canto e ballo sin dall’età di cinque anni. A sette esordì a teatro presso la Carnegie Hall con la compagnia New York Children's Theater nella commedia The Brownies di Palmer Cox. Fu un successo; tutti lo notarono e capirono che aveva un talento precoce, tanto da indurlo a iniziare una tourneé dove gli furono affidati vari ruoli da Oliver Twist a Tom Sawyer. La madre, entusiasta del piccolo Clifton, gli fece dare delle lezioni private di pittura da Robert Hanri e di canto dal baritono Victor Maurel. A diciassette anni recitava già in tre atti in ruoli principali di commedie teatrali, a diciannove divenne definitivamente Clifton Webb e iniziò la carriera di ballerino professionista. Partecipò nello spettacolo “The Purple Road” a Brodway e fece ben 136 repliche, riscuotendo consensi unanimi sulle sue doti artistiche. Con 145 repliche nel 1914 fu affiancato al famoso Al Jolson nello spettacolo “Dancing Around”, spettacolo composto da Sigmund Romberg, facendo rimanere tutti sbalorditi per come riusciva a far incantare il pubblico. Naturalmente Hollywood lo notò, ma con iniziale difficoltà riuscì a portarlo dall’altra parte degli Stati Uniti, negli anni Trenta la Metro-Goldwyn-Mayer gli fece un contatto di 3 mila dollari la settimana, ma non fece mai un film e per 18 mesi vagò da una festa ad un ricevimento ai gala con persone importanti. Solo nel 1944 comparve nel ruolo di un giornalista in “Vertigine” (Laura) di Otto Preminger, ottenendo la prima Nomination all’Oscar. Nel 1946 vinse il Golden Globe per miglior attore non protagonista in “Il filo del rasoio” (The Razor’s Edge) e poi gli fu assegnata per lo stesso motivo anche la seconda Nomination all’Oscar che però non vinse. Poi fu la volta di “Grattacielo tragico” (The Dark Corner) del 1946, altro film drammatico di buon consenso di critica e pubblico. Il successo cinematografico arrivò con l’interpretazione in “Governante rubacuori” (Sitting Pretty) del 1948 (terza Nomination all’Oscar), del tuttologo Lynn (in italiano Elia) Belvedere, maggiordomo-baby sitter capace di riorganizzare una famiglia intera porgendogli educazione, stile, calma e raffinatezza il tutto condito con dosi massicce di humour. Il successo fu tanto che ci furono altri due episodi “Mr.Belvedere va in collegio” (Mr. Belvedere Goes to College) del 1948 e Mr.Belvedere suona la campana” (Mr. Belvedere Rings the Bell) del 1951.
Nel corso degli anni Clifton Webb non si sposò mai, questo fece nascere e, poi, circolare nel campo del gossip delle dubbie e quanto mai fantasiose ipotesi sul fatto che fosse gay, ma che mai hanno trovato riscontro durante l’arco della sua vita.
Sempre elegante e dai dialoghi brillanti, Webb fu inserito negli anni Cinquanta nella serie di commedie stile familiare che lo vedevano in ruoli divertenti ed eleganti come in “Dodici lo chiamano papà” (Cheaper by the Dozen) del 1950, “Squilli di primavera” (Stars and Stripes Forever) del 1952 , biografia del famoso compositore militare John Philip Sousa, “Allegri esploratori” (Mister Scoutmaster) del 1953, nel drammatico “Titanic” (id.) dello stesso anno e del 1954 “Tre soldi nella fontana” (Three Coins in the Fountain) del 1954, “Il ragazzo sul delfino” (Boy on a Dolphin) del 1957 e “Storia cinese” (Satan Never Sleeps) del 1962 ultimo suo film. Con la morte della madre non si riprese mai, disse scherzosamente: “Deve essere difficile diventare orfano a 70 anni!”, ebbe una precaria salute e visse in completa solitudine nel corso degli ultimi anni fin quando morì d’infarto nel 1966, lasciando una serie di piccoli capolavori nei quali interpretava l’uomo qualunque americano, ma infondendogli in ognuno un po’ di cultura, eleganza, raffinatezza, umorismo e saggezza.
G.R.
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