Il suo volto e il suo nome
rimarranno legati per sempre al mito di Hollywood grazie alle sue
eccezionali interpretazioni e al suo talento recitativo senza pari.
Nacque a Bucarest in Romania nel 1893, si chiamava Emanuel Goldenberg ed
apparteneva ad una famiglia di ebrei molto legata alle tradizioni e ai
valori di quel popolo. Agli inizi del Novecento in Romania gli ebrei non
avevano gli stessi i diritti civili degli altri e spesso venivano
perseguiti; così la famiglia Goldenberg decise di emigrare ed andare a
vivere negli Stati Uniti. I principi della sua famiglia erano molto severi,
per certi versi rispecchiavano la rigorosa visione protestante della vita,
avevano una forte moralità e sul lavoro erano decisi a lavorare duramente.
Piaceva a tutti l’arte e la concepivano alla maniera europea con
quell’ideale romantico che evidentemente proveniva dall’influenza di essere
nati nell’Ottocento. Questo modo di vivere influenzò parecchio Edward, il
quale era ostile alle culture di massa e poichè il cinema lo era, così lui
stesso lo giudicava poco adatto ai suoi principi. Ma le cose cambiarono dal
momento che anziché essere un osservatore passivo, decise di calcare i
palcoscenici. A New York frequentò la Townsend Harris High School e
successivamente il City College, poi si iscrisse all'Accademia d'arte
drammatica.
Nel 1913 cominciò a lavorare come attore di teatro, passando da produzioni
popolari a esperimenti d'avanguardia. Recitò in versioni inglesi di commedie
yiddish, in lavori in costume, in drammi sentimentali e in commedie
sofisticate, ma per i suoi lineamenti marcati e la sua inconfondibile figura
venne inevitabilmente destinato a parti da "straniero". Nel 1915 debuttò a
Broadway con il dramma "Under Fire", al quale fanno seguito "The Deluge",
"The Pawn" e "The Little Teacher". Durante la prima guerra mondiale, prestò
servizio di leva in marina.
Negli anni Venti riuscì ad affermarsi e divenne anche uno stimato attore di
teatro di opere classiche ed anche moderne. Guardandosi e capendo che la sua
faccia era marcata e il suo corpo massiccio, preferì sempre scegliere ruoli
da caratterista e piuttosto che da attore principale. Tanto fu bravo, che
per la prima volta ci si trovò di fronte ad un attore secondario che fosse
un divo. Si legò al Theater Guild e prese parte a produzioni prestigiose di
lavori di autori quali Ibsen, Tolstoj, Shaw, Pirandello. In genere gli
vennero assegnati ruoli di assassino, di emarginato o di folle, che in ogni
caso portò sul palcoscenico ottenendo personali successi. Ne “I fratelli
Karamazov” impersonò ad esempio il folle Smerdjakov, in “Così è se vi pare”
mise a punto la caratterizzazione del doppiogiochista, in “The Racket”
interpretò un gangster, modellato sul carattere di Al Capone.
Mentre riscuoteva acclamati applausi a teatro, Hollywood già ne aveva preso
nota e gli propose il passaggio, che accettò mal volentieri, facendo una
serie di piccoli film di poco successo che gli accrebbero ancor di più
l’antipatia per il cinematografo. Si racconta che nel 1923, mentre recitava
a teatro “Peer Gynt”, andò al cinema a vedersi nella parte di un
aristocratico spagnolo in “La scialle lucente” (The Bright Shawl), ma ne
uscì fortemente deluso.
Dopo averlo visto nella parte di Al Capone, l'attenzione dei produttori
cinematografici ricadde su di lui, lo spinsero a firmare, tra il 1929 e il
1930, contratti per diversi film "di genere". Robinson vi lavorò convinto di
non dover abbandonare del tutto gli impegni teatrali.
Ritornò a New York nel 1930 per interpretare "Mr Samuel", commedia tratta da
un vecchio successo francese in cui impersona un industriale ebreo, Robinson
sperimentò il primo clamoroso fiasco in teatro, e la costosa produzione fu
costretta a "smontare" il lavoro dopo una sola settimana di repliche.
Nel 1931 arrivò la parte che gli fece cambiare vita, interpretò Rico in
“Piccolo Cesare”, primo film classico sui gangster, e Robinson,
interpretando l’italiano, riuscì a mostrare la scalata e la caduta di questo
criminale. Il pubblico apprezzò così tanto questa interpretazione che lo
intrappolò per sempre in questo ruolo. Dall’altro lato l’attore non capì le
ragioni di tanto successo, le attribuì alle analogie della tragedia greca
dicendo: “Rico è un uomo che sfida la società e alla fine è travolto dagli
dei e dalla società, senza neppure rendersi conto di quello che è successo.
Il film ha avuto successo nel corso degli anni perché era costruito come una
tragedia greca”. Robinson aveva una preparazione culturale e professionale
che lo non gli permetteva di comprendere i pregi dei film del cinema,
divenne quasi un paradosso il fatto che fu per tutta la vita un gigantesco
attore, maestro della recitazione, ma fu sempre un disprezzatore del suo
stesso lavoro che svolgeva. Dopo questo successo la Warner Bros gli diede un
contratto che in pochi abbero a Hollywood, ma lui rimase sempre alla ricerca
del ruolo che gli permettesse di uscire da quello stereotipo di gangster nel
quale il pubblico lo aveva identificato.
La sua ricerca per la giusta interpretazione lo portò finalmente in un ruolo
che considerò sempre il migliore, fu chiamato in “Un uomo contro la morte” (Dr.Ehrlich’s
Magic Bullett), 1940, in cui si misurava nei panni di Paul Ehrlich nobile
medico che scoprì la terapia della sifilide. Essendo un argomento
impegnativo e dovendo interpretare un personaggio importante della storia,
Robinson credette di aver dato la sua performance migliore di tutta la sua
carriera. Finiti gli anni Trenta, nei quali veniva richiesto in parti poco
nobili, gli anni Quaranta si aprirono con nuove richieste come quando fu
chiamato in “La fiamma del peccato” (Double Indemnity), 1944, dove faceva un
astuto investigatore delle assicurazioni. Poi fu la volta di un professore
di psicologia in “La donna del ritratto” (The Woman in the Wind), 1944,
ancora fu un impiegato a cui piace la pittura e tenta di evadere dal suo
ceto borghese troppo piccolo in “Strada scarlatta” (Scarlet Street), e
infine in “Erano tutti figli miei” (All My Sons), 1948, un industriale
dell’aviazione che non esita a vendere all’aviazione materiale di ricambio
difettoso. Nel 1941 “Il lupo dei mari” (The Sea Wolf)Robinson interpretò la
parte di un tirannico capitano che dominava con compiaciuta malvagità gli
uomini del suo equipaggio, in “Lo straniero” (The Stranger), 1946, è il
caparbio detective governativo che individua il criminale nazista, in
“L'isola di corallo” (Key Largo), 1948, tornò nuovamente a vestire i panni
del gangster, questa volta nell'ambientazione esotica di una delle Isole
Keys della Florida, accanto alla coppia Humphrey Bogart e Lauren Bacall e
infine nel 1949 fu tirannico patriarca di origine siciliana in “Amaro
destino” (House of Strangers). Di tutti questi film sembra che l’attore non
ebbe particolare piacere a recitare per Fritz Lang in “Strada Scarlatta”, ma
all’uscita gli fu reso un grandissimo tributo di pubblico e di critica che
mai prima aveva goduto. Eppure ebbe una grande cultura in termini di pittura
classica, era un amante di quest’arte, riuscì a farsi amici numerose persone
appartenenti a questo campo, ma anche a quello musicale. In politica invece
non fu conservatore, ebbe diversi motivi per schierarsi verso le idee
progressiste e democratiche, lo si vide investire parecchi denari in
campagne e cause progressiste che gli causarono diverse noie negli anni
Cinquanta, quando iniziò il maccartismo e il conseguente processo contro i
comunisti. Nel 1956 fu la volta del riscatto, il regista Cecil B. De Mille
gli offrì la parte di Dathan, il transfugato ebreo che per avidità tradisce
il suo popolo, nel mitico kolossal “I dieci comandamenti” e fu un
grandissimo successo.
In seguito gli fu chiesto perché aveva cambiato nome in E. G. Robinson, e
lui rispose “la "G" non vuol dire nulla, può stare per god (dio in inglese)
o per gangster”, ma in realtà E.G. stava per Emmanuel Goldenberg; solo in un
secondo momento decise di dare alla E il significato di Edward.
La sua carriera è stata costellata di numerose interpretazioni come
caratterista più che attore principale, negli anni Sessanta interpretò con
Kirk Douglas un regista eccentrico in “Due settimane in un’altra città” (Two
Weeks in Another Town), 1962, e nel 1965 accanto a Steve McQueen fece la
parte de “il re del poker” “Cincinnati Kid” (id.).
La carriera di Robinson si chiudeva in maniera scura, con un'ultima
partecipazione girata solo pochi giorni prima di morire: nel film “2022: i
sopravvissuti” (Soylent Green), nel quale interpretava un vecchio depresso e
amareggiato che decise di suicidarsi per sfuggire all'apocalittico futuro
del mondo in cui vive; la scena della sua morte lo vide di fronte al
protagonista Charlton Heston che piange silenziosamente. Quelle lacrime
erano vere: Heston fu l'unico a sapere in quel momento che Robinson era
affetto da un tumore in fase ormai terminale.
A poche settimane dalla morte, l'Academy of Motion Picture Arts, quasi per
scusarsi di non aver mai citato Robinson neanche per una nomination, decise
di insignirlo con un Oscar speciale alla memoria, per il suo lungo e
straordinario contributo alla storia del cinema americano.
G.R.
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