Americano doc, un gigante buono, Gary Cooper sin dai suoi esordi seppe
dimostrare di avere confidenza con la macchina da presa, ma anche ebbe la
fortuna di interpretare personaggi che lo resero un eroe nazionale.
Nacque nel 1901, figlio di immigrati inglesi, il padre era giudice e aveva un
grosso ranch, appassionatosi ai cercatori d’argento e si trasferì
dall’Inghilterra a Melena nel Montana in una zona chiamata ‘La Valle dell’ultima
speranza’.
Gary benché fosse un bravo disegnatore e aspirasse a diventare giornalista,
quando si trasferì a Los Angeles si avvicinò all’ambiente cinematografico quando
spesso faceva delle passeggiate sulla Hollywood Boulevard e qui fece la
conoscenza di due attori che facevano le comparse in certi western di serie b
per dieci dollari al giorno. In seguito Gary si fratturò l’anca in un incidente
d’auto e il suo medico gli consigliò, come terapia di riabilitazione alla
ferita, di fare lunghe cavalcate; il giovane si appassionò così tanto che quando
entrò nell’ambiente cinematografico non gli fu difficile rimediare una particina
come cowboy. Da subito dimostrò abilità fisica e non solo e nel 1927 gli fu
assegnata la prima parte da non protagonista in un grande film “Alì” (Wings)
diretto da William A.Wellman e come protagonista Clara Bow, che intrecciò una
relazione che fu sfruttata dalla pubblicità dell’epoca.
In questo film la sua interpretazione nel ruolo di aviatore durava appena cinque
minuti, ma bastarono perché il pubblico si affezionasse e richiedesse la sua
presenza nei futuri film. La casa di produzione Paramount capì che Cooper aveva
magnetismo e carisma e gli fece subito un contratto.
Nel 1929 interpreta in “The Virginian” un uomo di legge pronto a mettere in
gioco la sua vita pur di ottenere la giustizia ad ogni costo. Questo film
piacque molto all’attore che ritenne questa sua interpretazione la migliore
degli anni Trenta.
Nel 1930 fu affiancato a Marlene Dietrich in “Marocco” (Morocco) di Josef von
Sternberg, ma il comportamento del regista nei confronti di Cooper non fu dei
migliori tanto che l’attore lamentò il comportamento di essere stato sacrificato
rispetto alla recitazione della Dietrich.
Il volto di Gary Cooper era molto particolare: bello visivamente, con uno
sguardo dolcissimo e ferreo, si presentava in questa chiave così particolare che
a Hollywood non sapevano più che parte affidargli. Nel 1932 fece “Addio alle
armi” (A Farewell to Arms), ebbe successo e la sua partner Helen Hayes disse di
lui: “E’ l’uomo più bello che abbia mai incontrato!”.
Nel decennio degli anni Trenta s’impose in alcuni film come “Partita a quattro”
(Design for Living) 1933, sotto la direzione di Ernest Lubitch, nel 1935 lavorò
in “I lancieri del Bengala” (The Lives of a Bengal Lancer) diretto da Henry
Hathaway film d’avventura ben interpretato, e sempre con lui nello stesso anno
interpretò “Sogno di prigioniero” (Peter Ibbetson). Nel 1936 “Desiderio” (Desire)
ancora diretto da von Sternberg, ma fu Frank Capra a dargli un volto esatto per
la sua carriera chiemandolo come interprete principale nella commedia “E’
arrivata la felicità” (Mr.Dees Goes to Town) e successivamente nel 1941 con
“Arriva John Doe” (Meet John Doe). È qui che diventò un eroe hollywoodiano,
incarnando l’uomo e l’attore integerrimo coinvolto nella corruzione del mondo
della politica.
Gli anni Quaranta saranno per Cooper il momento più importante per la sua
carriera di attore, nel 1941 sotto la direzione di Howard Hawks interpreta
“Sergente York” (Sergeant York) un obiettore di coscienza che divenne un eroe
della Seconda Guerra mondiale. Vinse il suo primo Oscar per un’interpretazione
bellissima, commovente e piena di significati in un momento così difficile per
la storia degli Stati Uniti. In quello stesso anno ancora diretto da Hawks
ottene la parte in “Colpo di Fulmine” (Ball of Fire) film sceneggiato anche dal
futuro regista Billy Wilder, che gli diede i panni di un professore studioso di
slang, timido e riservato, sedotto dalla bella Barbara Stanwyck, alle prese con
i prepotenti.
Nel 1949 in “La fonte meravigliosa” (The Fountainhead) di King Vidor, Cooper
interpreta un architetto idealista che lotta contro gli affaristi senza
scrupoli. Un film che ancora una volta lo vide eroe contro la corruzione, ma
quest’opera lo segnò sul piano sentimentale. L’attore era sposato dal 1933 con
Veronica Balfe, una donna che apparteneva ad una delle famiglie più in vista di
New York, ma in quest’ultimo film s’innamorò della sua partner Patricia Neal con
la quale ebbe una relazione. Al momento del divorzio la moglie di Cooper si
oppose con tutte le forze e riuscì ad non ottenere il divorzio cosicché la star
nel 1951 dovette interrompere la relazione con la Neal. Questo gli causò qualche
problema sul piano del lavoro, egli era infatti sottocontratto in quel momento
con la Warner Bros che gli fece fare “Aquile sul mare” (Task Force), ma non lo
volle più come personaggio eroico contro il bene della società in quanto ora
temeva la reazione del pubblico al vedere la sua relazione extraconiugale.
Dopo questo momentaneo calo nella sua carriera, il regista austriaco Fred
Zinnemann lo contattò con la Paramount per fargli interpretare “Mezzogiorno di
fuoco” (High Noon), 1951, in una parte, lo sceriffo abbandonato da tutti che
deve aspettare l’arrivo in città dei alcuni banditi, che ancor’oggi viene
ricordata per la sua incredibile portata carismatica e recitativa. Quando
ricevette il secondo Oscar disse:”Si trattava solo di una buona storia con uno
sceriffo che viene lasciato solo dai concittadini ad affrontare il ritorno di
alcuni malviventi. Certo il copione era ottimo e avevamo in Fred Zinnemann un
regista di grande talento. Dubito comunque che nel film ci fossero elementi tali
da poterlo definire un western psicologico”.
A seguire interpretò numerosi film in cui tornava ad essere in qualche modo un
eroe come in “La maschera di fango” (Springfield Rifle) 1952, nel 1954 “Il
prigioniero della miniera” (Garden of Evil) con accanto Richard Widmark. Nel
1955 Otto Preminger gli fece interpretare “Corte Marziale” (The Court-Martial of
Billy Mitchell), la storia di un generale accusato di negligenza, film che
piacque molto all’attore. Il regista William Wyler lo volle per “La legge del
Signore” (Friendly Persuasion), 1956, con Anthony Perkins nei panni di alcuni
quaccheri che non approvavano né la violenza né la guerra. Billy Wilder nel 1957
lo prese per una commedia romantica “Arianna” (Love in the Afternoon) sua
partner in questo film fu Audrey Hepburn. A seguire fece un film che gli piacque
molto, “Un pugno di polvere” (Ten North Frederick), 1958, una famiglia
ricostruisce la vita di un proprio defunto.
L’ultimo western della sua carriera fu “Dove la terra scotta” (The Man of the
West), 1958, un ennesimo eroe solitario nel West diretto con maestria da Anthony
Mann, che gli fece interpretare un personaggio ricco di sfaccettature
psicologiche in un ambiente sempre difficile e ostile per l’uomo.
Già malato nel 1961, dimostrò di essere un professionista, interpretando con
spirito di sacrificio un giallo “Il dubbio” (The Naked Edge), il volto era
palesemente stanco e sofferente, ma per il pubblico, il suo pubblico, lasciò la
sua ultima importante interpretazione.
Alcuni mesi prima della sua morte nel 1961 l’Academy Award gli conferì un
ennesimo Oscar questa volta alla sua carriera e l’attore ormai nel pieno della
sua maturità artistica confermò che bisognava affrontare un duro tirocinio per
possedere appieno il mestiere, disse a tal proposito: “Bisogna prima andare al
mulino a macinare. Diventare una star dopo il primo film è controproducente: un
attore, per essere tale, deve aver vissuto almeno un poco”. Così si concludeva
la carriera e la vita di uno dei più grandi attori che Hollywood avesse mai
posseduto, un artista che visse molto, ma purtroppo per le platee di tutto il
mondo, morì molto presto.
G.R.
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