È da considerarsi una delle poche star che riuscì a resistere al tramonto di miti e mode grazie anche al suo carattere svedese e alla sua indole di donna emancipata.
A Stoccolma venne affidata ad uno zio anziano dopo la morte dei genitori e a 17 anni si iscrisse alla Scuola d’arte drammatica nell’Accademia reale di Svezia. Qui iniziò a calcare il palcoscenico e gli venivano dati ruoli sempre più importanti e difficili. Nel 1933 la Svenskfilmindustri la mise sotto contratto e nel 1934 fece la sua prima parte cinematografica in “Munkbrogreven”. Nel 1936 al suo quinto film “Verso il sole” (Pàsolsidian) divenne una star in Svezia. A metterla in luce fu il suo amico il regista Gustaf Molander, il quale seppe valutare le capacità espressive e recitative della Bergman.
Nel 1939 da Hollywood il produttore David O.Selznick la notò, vide che l’attrice aveva sempre maggiori successi e decise di portarla con sé in America. Come primo approccio con il cinema americano, Ingrid fu impiegata nel remake “Intermezzo” (Intermezzo: a Love Story) con Leslie Howard, di cui lei ne aveva già interpretato la stessa parte nella versione originale svedese. Selznick, preoccupato dell’importazione a Hollywood dell’attrice svedese, aveva giustamente pensato di porgerla al pubblico americano in una storia che l’avrebbe fatta apprezzare piuttosto che metterla in cattiva luce come straniera venuta alla ribalta.
La Bergman dapprima stette al gioco delle parti da donna fedele e casta, ma ben presto con la sua indole si ribellò, sapendo di avere qualità e capacità recitative, riuscì a ottenere la parte della barista Ivy in “Il dottor Jekyll e Mr. Hyde (Dr.Jekyll and Mr.Hyde) nel 1941 accanto ad un bravissimo Spencer Tracy. Ottenne consensi di pubblico e di critica, piaceva come si porgeva ed era molto bella, così da quel momento in poi iniziarono una serie di parti nelle quali era sempre una donna molto ambigua e soprattutto seducente. Nel 1943 fu la volta di “Saratoga” (Saratoga Trunk) avventuriera dalle origini misteriose, il regista Hitchcock la volle con Cary Grant nei panni di una donna dai costumi non troppo morali in “Notorius, l’amante perduta” (Notorius). Nel 1949 ancora sotto il regista inglese interpretò “Il peccato di Lady Considine/Sotto il segno del capricorno” (Under Capricorn) una nobildonna dal passato tormentoso.
La bellezza della Bergman affascinava chiunque, nascondeva in questa qualità possibili storie da incubo, nere insidiose e portava al successo qualsiasi interpretazione.
Grandissimo successo lo ebbe con “Casablanca” (id.) nel 1942 in cui interpretava una donna tormentata dall’amore per il marito e l’attrazione per una vecchia passione di gioventù.
Nel 1944 ebbe l’enorme successo con “Angoscia” (Gaslight), un bellissimo giallo che gli diede così successo da fargli vincere l’Oscar come miglior attrice protagonista.
Selznick amava vederla in questi ruoli di donna idealista, volitiva, sincera ed altruista come nel 1943 “Per chi suona la campana” (For Whom teh Bell Tolls) tratto dal bel romanzo di Ernest Hemingway con Gary Cooper, il giallo “Io ti salverò” (Spellbound), diretta sempre da Hitchcock, con Gregory Peck, il film religioso “Le campane di Santa Maria” (The Bells of St Mary’s) del 1945 ed anche la bella biografia “Giovanna d’Arco” (Joan of Arc) del 1948.
Sotto la guida di Sleznick la Bergman ottenne sempre grandi successi, ogni personaggio era curato, sviluppato e recitato con molta attenzione da parte dell’attrice, ma nel 1946 la Bergman sposata con il dentista svedese Peter Lindstorm che seppe portarla attraverso i suoi consigli al successo in Svezia, non gli diede gli stessi consigli a Hollywood e la fece licenziare dal regista pigmalione Selznick. Da qui in poi la carriera della Bergman non riportò più i successi di un tempo, anche le parti che le venivano assegnate non risultavano convincenti. La prima prova ‘da sola’ fu “Arco di trionfo” (Arch of Triumph) del 1948 un vero e proprio insuccesso. Nel 1945 l’attrice svedese vide per caso il film di Roberto Rossellini “Roma città aperta” e ne fu entusiasta tanto da scrivere al regista e mettersi a disposizione come possibile sua attrice.
Nel 1950 Rossellini la chiamò a sé in “Stromboli, terra di Dio” una specie di “Angoscia” (Gaslight) e fu subito successo, pareva che la Bergman fosse ritornata alla grande; nel 1951 fu la volta di “Europa ‘51” anche questo con tendenze a “Giovanna d’arco” o “Le campane di Santa Maria”. Questi film italiani sembravano tutti bellissimi, ma avevano qualcosa che li facevano sembrare hollywoodiani, si vedeva che l’attrice ci metteva tanta passione e, poi, era innamorata di questo italiano, Rossellini, che l’aveva salvata proprio nel momento più difficile della sua carriera.
Tanto amore che culminò nel matrimonio tra i due, dopo che lei divorziò da Lindstorm, ma questo mise ancor di più in difficoltà lavorative la Bergman, la quale venne mal vista dai benpensanti del tempo e soprattutto finì per strappare definitivamente un possibile ritorno a Hollywood.
La vita dei due artisti non era calma, la Bergman, poco dopo e dopo aver fatto alcuni film completamente sbagliati, decise di tornare a teatro, mentre Rossellini se ne andò a girare in India e di ritorno nel 1957 i due divorziarono.
Messa così la bravissima attrice non poteva più far nulla, ma la 20th Century Fox decise di dargli una possibilità, farla tornare sul grande schermo americano con una grande prova “Anastasia” (id.), storia romanzata della presunta figlia dello zar di Russia. Fu un interpretazione commovente, il pubblicò la perdonò per i suoi errori, la critica la riabilitò e un secondo Oscar come miglior attrice di quell’anno la rimise tra le star di Hollywood.
Nel 1958 con Cary Grant fece un’ottima interpretazione in “Indiscreto” (Indiscreet) e sempre nello stessso anno interpretò la missionaria in Cina in “La locanda della sesta felicità” (The Inno f the Sixth Happiness). Nel 1974 fece una piccola parte in “Assassinio sull’Oriente Express” (Murder on the Orient Express) e ricevette un terzo Oscar come miglior attrice non protagonista. Nel 1978 la Bergman decise di affidarsi al regista connazionale Igmar Bergman in “Sinfonia d’autunno” (Herbstsonate) in cui interpretava una madre eccentrica e ossessionata dalla propria carriera di pianista, riscuotendo grande successo per una parte ricca di sfumature umane e forse, come molti notarono all’epoca, la parte più commovente di tutta una carriera.
Sebbene sempre impegnata nell’ambiente cinematografico, l’attrice svedese ebbe numerosi successi anche in teatro tra il 1940 e il 1967; portò sul palco “Joan of Lorraine” nel 1946 e vinse un Tony Award per la sua bella interpretazione, nel 1956 “Tea and Sympathy”, nel 1962 “Hedda Gabler” e durante queste esperienze teatrali sposò l’impresario Lars Schmidt.
A chiusura della sua attività di attrice, la carriera della Bergman si può racchiudere in quattro fasi: quella svedese, quella hollywoodiana, quella italiana/rosselliniana e infine quella internazionale. Di tutte e quattro queste fasi riuscì sempre a imporsi come la migliore, a ricevere riconoscimenti di critica e pubblico da parte di tutto il mondo, vide crollare lo star-system hollywoodiano, riuscendo a continuare a lavorare indisturbata, grazie anche ad una professionalità che pochissime attrici ebbero nella loro vita.
G.R.
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