Tra tutti produttori di ogni
epoca, ve n'era uno che spiccò su tutti e fu definito da tutti il ragazzo
prodigio di Hollywood. Fu il più intelligente e valido produttore degli anni
Trenta, capace di sfidare tutto e di comprendere prima quello che altri non
erano ancora capaci di capire.
Irving Thalberg era nato a Brooklyn nel 1899, figlio di immigrati tedeschi,
ma già a vent'anni a Hollywood lo chiamavano il 'wonder boy' perché capace,
affidabile, geniale, autoritario, gentile e fragile d'aspetto. Divenne
produttore esecutivo prima che l'intero system hollywoodiano inventasse
questo ruolo e nessuno dopo di lui riuscì né ad imitarlo né a seguire questo
tipo di qualifica.
Fu afflitto purtroppo da disturbi cardiaci, che gli crearono non pochi
problemi, da piccolo trascorse gran parte del tempo a letto, ma non si
perdette d'animo e trascorse le sue giornate a leggere tanti libri. Questo
gli permise negli anni di sviluppare una forte sensibilità letteraria e
anche un certo senso critico che lo avrebbe aiutato nelle scelte dei
soggetti nel campo cinematografico, meglio di chiunque altro. alcune volte
volte gli bastava una frase di un romanzo appena letto o di un'opera
teatrale appena vista da deciderne la trasposizione cinematografica e
ottenere un successo planetario.
Quando ebbe 19 anni, il presidente della Universal, Carl Laemmle, lo fece
diventare suo segretario personale, questa promozione non fu affatto
sbagliata, anzi permise così al giovane Thalberg di confezionare prodotti
ottimi e di prendere quest'appellativo di 'ragazzo prodigio'.
Ottenne anche grande stima dalla Universal, perché Irving, sebbene
giovanissimo, riuscì a tenere testa al 'terribile' regista Erich von
Stroheim, il quale, come molti sanno, sul set era un uomo durissimo,
severissimo nonché ribelle alle autorità cinematografiche che lo
finanziavano. Proprio alla Universal nel 1923 i primi scontri si ebbero tra
i due sul set de "Donne viennesi" (Merry-Go-Round), il regista pretendeva
troppi soldi per la produzione e il giovane Thalberg dapprima non approvò le
spese, per poi togliergli la direzione. Ma nel 1925 quando fu alla Mgm, lo
stesso produttore contro il volere del boss Louis Mayer, affidò la regia di
"La vedova allegra" (The Merry Window), proprio a Stroheim, che seppe
realizzare un grande capolavoro.
Sempre in quell'anno la Metro-Goldwyn-Mayer girava "Ben-Hur", Thalberg si
ostinò a valutare i costi di quest'opera imponente come esagerati, documentò
il fatto di andare a girare certe scene in Italia eccessivamente care e
difficilmente recuperabili in ricavi. Ebbe anche qui ragione, perché il film
ottenne a caro prezzo il trionfo sperato.
Nel 1922 Thalberg abbandonò la Universal, la causa scatenante fu che la
figlia di Carl Laemmle si rifiutò di sposarlo, ma anche il fatto che non
vedeva riconosciuti dalla casa di produzione i suoi meriti quelli di aver
capito dove si poteva ben investire e guadagnare copiosamente.
Così decise di andare a lavorare per il super boss della Mgm, Louis B.Mayer,
il quale era un amministratore indipendente e risoluto, ma che si rendeva
conto dei propri limiti come produttore così vide nel giovane Thalberg un
possibile braccio destro e gli affidò la vicepresidenza. Nel 1924 iniziò il
periodo nel quale si segnò la fusione della sua compagnia Mayer con la Metro
di Loew e la Goldwyn, ma anche la sovranità dei due produttori più potenti
del mondo. Mayer divenne responsabile esecutivo dello studio, Thalberg
supervisionava tutta la produzione dei teatri di posa di Culver City. Ma ben
presto tra i due iniziarono scintille nei rapporti di lavoro, a causa della
forte politica di Thalberg che diceva: "In un lavoro in cui pochi avevano
coraggio delle loro convinzioni, mi resi conto che, costringendoli a fare a
modo mio, non avrebbero mai saputo se sarebbero statti in grado di fare
meglio". Il suo modo di fare era sì forte e autoritario, ma altrettanto
leale con chi 'si rassegnava' ai suoi metodi.
La sua linea politica si basava su queste regole: mai impiegare chiunque in
ogni settore se contestasse le sue direttive, in particolar modo i registi
che pretendevano di ottenere il controllo totale sul film compresa la
sceneggiatura, poiché alla sceneggiatura solo gli sceneggiatori potevano
mettere mano. Lui stesso mai si permetteva di scrivere una parola, né di
comparire sui teatri di posa mentre si gira un film, a meno che non fosse
stato invitato. Il giovane produttore non disdegnava le leggi del profitto
usate nel campo cinematografico, ma era assai convinto che maggiore sarebbe
stato l'incasso finale se maggiore fosse stata la qualità del film. I suoi
film furono tutti un successo uno dopo l'altro, già all'anteprima lo si
acclamava, ma Thalberg, perfezionista, faceva rigirare certe scene che non
lo convincevano appieno. Fu proprio per questa regola che la Mgm all'epoca
di Thalberg veniva chiama apostrofata "Mayer's Valley of Retakers" ovvero
'la valle dei rifacimenti di Mayer'.
La sua idea era quella di consolidare lo star-system, che all'epoca era già
avviato, questo gli permise di avere il controllo non solo sulle maestranze,
ma anche sulla schiera di attori e attrici di primo livello che altre case
di produzione non potevano avere e invidiavano. A Thalberg si deve la
valorizzazione e rivelazione della divina Greta Garbo, ma anche di attori
come Clark Gable, Joan Crawford, Jean Harlow, Spencer Tracy, Robert Taylor,
Norma Shearer, che sposò nel 1927 e dalla quale ebbe due figli, e tanti
tanto altri. Per tenerli sempre e per così tanto tempo in vetta presso il
pubblico, il produttore studiava per ciascuno i soggetti, le storie, i
partner da accoppiare e i registi. Questo meccanismo permetteva di rendere
la lavorazione un piacere, non si creavano litigi, ritardi, discussioni e
tutto filava liscio, anzi era quasi un divertimento per tutti lavorare ad un
film. Lo scrittore e sceneggiatore Charles MacArthur lo definì: "Il dio
Thalberg si chiama 'entertainement'" perché aveva capito prima di tutti che
il cinema doveva divertire, ricompensando il pubblico che pagava il
biglietto. Così si passava alla ricerca dello stile raffinato dove
truccatori, costumisti, scenografi, registi e sceneggiatori impiegavano
tutti le loro qualità migliori per mettere su quanto di meglio Hollywood
potesse offrire allo spettatore.
Ma quando gli si facevano questi complimenti lui faceva osservare che ad
esempio "Hallelujah" del 1929 era interpretato da soli attori neri o "Freaks"
del 1932 erano attori deformi e reali a fare una storia horror sul mondo del
circo. "E' il pubblico a creare divi" amava dire, ma anche si fidava molto
delle reazioni del pubblico e non credeva che un attore potesse essere
superato, soleva dire in un suo slogan: "Campione una volta, campione
sempre", facendo ad esempio rinverdire attori come Wallace Beery, William
Powell e Marie Dressler, la cui popolarità ad un certo punto era venuta ad
affievolirsi. Ma non era sempre infallibile quando un divo del muto del
calibro di John Gilbert decadde per colpa del sonoro, ben poco poté Thalberg
dal rimetterlo in carreggiata.
Fra tutti suoi successi vanno ricordati alcune produzioni famose come nel
1925 "La grande parata" (The Big Parade) e "Ben Hur", nel 1929 "La canzone
di Broadway" (The Broadway Melody), "Castigo" (Min and Bill) del 1930, nel
1931 "Il campione" (The Champ) e "Trade Horn", per poi passare nel 1932 al
mitico "Grand Hotel", "Red-Headed Woman", "Tarzan il re della giungla"
(Tarzan the Ape Man) e "Rasputin e l'imperatrice (Rasputin and the Empress).
Ma nel 1933 la potenza di Thalberg all'interno della Mgm si indebolì
improvvisamente, la causa fu un grave attacco cardiaco che lo vide
allontanarsi per un periodo fuori dalla casa di produzione, in questo tempo
Mayer poté ritornare al controllo completo delle produzioni, i rapporti tra
i due erano già in contrasto per le gelosie di Mayer che non voleva che
Thalberg avesse il controllo di tutto. Dall'altra però anche lo stesso
Thalberg era in rotta con Mayer per la questione dei profitti che non
venivano mai divisi equamente. Durante questa assenza forzata si fece strada
un'altro grande produttore David O.Selznick, il quale approfittò e s'insediò
all'interno della Mgm, così anche altri scalzarono la figura dominante di
Thalberg, che dovette rinunciare alla supervisione di tutti i film che si
producevano.
Dopo essere stato in vacanza in Europa ed essersi rimesso parzialmente in
salute, Thalberg tornò, ma gli fu affidata la responsabilità di una sola
unità produttiva. Mayer si era preso tutti i sui divi che avevano lavorato
sotto di lui nelle sue produzioni. Thalberg rimaneva al lavoro con briciole
e il suo primo anno dopo il rientro fu assai deludente e molto lontano da
quello che aveva realizzato con successo negli anni passati.
Per fortuna il giovane produttore non si perse d'animo, riuscì a ingaggiare
star di primo piano e riprese quota con nuovi film di successo come "La
famiglia Barrett" (The Barretts of Wimpole Steet) del 1934 interpretata
magistralmente da Norma Shearer e Charles Laughton, nel 1935 fu il successo
di "La tragedia del Bounty" (Mutiny on the Bounty) con uno strepitoso duo di
attori: Gable-Laughton. Capì, sempre nel 1935, che i fratelli Marx erano in
declino, li chiamò a sé e gli diede un film, "Una notte all'opera" (A Night
at the Opera), che li fece rinascere, ottenendo uno strepitoso successo
commerciale. Poi tornò alla sublime Garbo e gli fece fare nel 1936
"Margherita Gauthier" (Camille) affidandogli un'altra futura star della Mgm:
un giovanissimo Robert Taylor.
Nel 1936 l'attività gli si interruppe nuovamente a causa della malattia,
questa volta ebbe un attacco molto duro, stava già preparando un nuovo film
dal titolo "La buona terra" (The Good Earth) con Luisa Rainer e Paul Muni.
Morì prematuramente a 36 anni, lasciando un vuoto senza precedenti e mai più
colmabile ad Hollywood. "La buona terra" terminò e fu l'ultimo e il più
grande successo commerciale della sua storia, ottenendo premi e ovazioni in
tutto il mondo.
Con la morte di Thalberg esce di scena la figura del vero produttore, colui
che utilizzò la propria cultura e il proprio istinto artigianale per mettere
in piedi storie capaci di far divertire, riflettere e commuovere intere
generazioni di tutto il mondo. All'epoca e ancor'oggi i nomi dei produttori
della Mgm e delle altre case di produzione compaiono sempre in bella vista
nei titoli di testa o di coda per dimostrare la potenza di chi mette i
capitali, ma Thalberg, nella sua breve vita, produsse ben 600 film e in
nessuno di questi comparve mai il suo nome (tranne ne "La buona terra" ma
postumo come riconoscimento della Mgm per la sua carriera). Era troppo
modesto e troppo riservato tanto da evitare qualsiasi pubblicità, persino
quando si sposò con Norma Shearer, una delle attrici di punta della Mgm
evitò di apparire nelle pagine dei giornali. Era solito affermare: "I meriti
che uno si attribuisce da sé non valgono nulla" e tutti i suoi collaboratori
dicevano di lui: "Finché vivrà Irving, noi saremo grandi".
Per capire chi veramente fosse questo personaggio basta sapere che l'Academy
of Motion Picture Arts and Sciences creò un premio l'Irving G.Thalberg
Memorial Award 'da conferire ad un produttore la cui opera rispecchi una
qualità di produzione cinematografica paragonabile a quella dell'uomo di cui
porta il nome', ma a tutt'oggi con fatica, spesso non si trova un degno
successore o competitore di Thalberg, al quale poter dare ogni anno questo
preziosissimo premio. G.R.
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