Cresciuta nello Star System hollywoodiano, la Garland divenne mito appena
adolescente conquistando le platee di tutto il mondo, ma la sua stella per
brillare dovette pagare un forte tributo sia nella vita pubblica che in quella
privata.
Il suo vero nome era Frances Gumm e nacque in una piccola città del Minnesota. I
suo genitori, Frank e Ethel erano attori di varietà, ma il padre abbandonò lo
spettacolo per diventare un proprietario di un cinema, mentre la madre si
occupava dei figli, e, forse per senso di frustrazione, organizzando spettacoli
con le due figlie maggiori, le quali si esibivano in numeri musicali durante gli
intervalli dei film. La piccola Judy, chiamata Baby Gumm, che era molto
coccolata dalla madre, debutto all’età di soli tre anni in un piccolo numero
“Jingle Bells”, suscitando un grande successo di pubblico. A soli undici anni
cambiò nome, infatti le sorelle maggiori scritturate per uno show a Chicago
vennero invitate dal presentatore George Jessel a cambiare il loro cognome Gumm
in Garland. La piccola Frances cambiò a sua volta anche il nome in Judy, traendo
spunto da una canzone di successo di Hoagy Carmichael.
L’ambizione della madre era quella di farle approdare al cinema, ma i vani
tentativi avevano prodotto solo una piccola comparsata in un cortometraggio del
1929 intitolato “The Old Lady and the Shoe”.
Nel 1934 Judy, senza perdersi d’animo, trovò un agente Al Rosen e un suo fan
Joseph L.Mankiewicz, i quali gli procurarono un’audizione alla
Metro-Goldwyn-Mayer. Si racconta nelle cronache del tempo che fu convocata
istantaneamente e la sua vivacità e spontaneità colpirono così tanto la
segretaria di Louis B.Mayer, la signora Ida Koverman, e il talent-scout Jack
Robbins, da chiamare immediatamente il pianista dello studio, Roger Edens, e il
boss Mayer per assistere a questo talento della natura. In pochi giorni ebbe un
contratto e Judy passò alla storia come la più veloce attrice della Mgm ad
ottenere un simile trattamento.
Appena iniziata questa carriera, un lutto la colpì, morì infatti il padre, con
il quale l’attrice aveva un forte legame e lei stessa diceva di essersi fatta
“un mare di risate”. Naturalmente Judy all’epoca era poco più di una dodicenne e
le leggi americane imponevano agli studios di assicurare ai propri attori
minorenni un’adeguata istruzione. Così la Mgm la mandò a scuola, aveva delle
scuole proprie, nelle quali si ritrovò con Lana Turner, Jackie Cooper, Deanna
Durbin, Freddie Bartholomew. E nel 1936 apparve in un cortometraggio “Every
Sunday” accanto alla Durbin e successivamente, sempre nello stesso anno girò “Pigskin
Parade”, musical ambientato in un college, nel quale cantava tre canzoni che
furono ben accolte dalla critica dell’epoca.
La Metro-Goldwyn-Mayer aveva quest’attrice nelle mani, ma non capiva come
sfruttarla, così un giorno Roger Edens mostrò al boss Mayer quale tesoro aveva
sotto contratto e cosa era possibile farne per lanciarla definitivamente come
star.
Quando Clark Gable compì 36 anni, festeggiò con un party direttamente sul set
del film “Parnell”, 1937, che stava girando in quel momento; Edens rielaborò una
versione di “You Made Me Love You”, nella quale la Garland recitava il monologo
“Dear Mister Gable” nella parte di una innamorata ammiratrice che scrive una
lettera all’attore. Lo stesso Gable rimase di stucco per la bravura e la
spigliatezza di questa giovanissima ragazza, la Mgm capì finalmente chi era Judy
Garland e questo numero “Dear Mister Gable” ancor oggi lo si può vedere nel film
“Follie di Broadway 1938” (Broadway Melody of 1938) del 1937.
Iniziò così la sua stagione che la vedi in “Thoroughbreds Don’t Cry”, 1937,
accanto a Mickey Rooney, con il quale si strinse un forte legame affettivo oltre
che lavorativo. Nel 1938 in “Listen, Darling” fu accanto a Freddie Bartholomew e
in “Viva l’Allegria!” (Everybody Sing), sempre dello stesso anno fu affiancata
dalla veterana di Broadway Fanny Brice.
Il pubblico in questi primi film si era innamorato della voce, squillante,
vibrante, penetrante e molto espressiva, alla Mgm i direttori musicali la
stimavano moltissimo, lo stesso Arthur Freed la indirizzo nel canto e gli
proposero pezzi come “Swing, Mr.Mendelssohn”, “Zing Went the Strings of My Heart”
e My Man” di Funny Brice. Negli anni a venire fece coppia fissa con Rooney nella
fortunata serie Andy Hardy. L’occasione giusta arrivò al momento opportuno,
quando nel 1939 la Mgm decise di portare sullo schermo il racconto per ragazzi
di L.Frank Baum “Il mago di Oz” (The Wizard of Oz), imponendo alle sue casse uno
sforzo da due milioni di dollari per realizzare un film a colori e come prima
scelta fu nominata Shirley Temple. La piccola declinò e non fu disponibile, così
la casa di produzione la sostituì con la Garland. Il film, dopo varie difficoltà
sul possibile regista, fu affidato a Victor Fleming, che già era in fase di
lavorazione di “Via col vento” (Gone With the Wind). L’operazione riuscì
benissimo, grazie anche ad una valida sceneggiatura, effetti speciali
divertentissimi e un gran cast, tra cui la Garland, che fece un’interpretazione
di prim’ordine, suscitando nel pubblico e nella critica grande apprezzamento e
gradimento.
La sua vitalità piaceva al pubblico, era sempre allegra, sincera, affettuosa e
generosa e soprattutto amichevole, ma nella sua vita privata c’erano numerose
tensioni che sfociavano in un appetito incessante, ma la Mgm voleva corpi
longilinei e forme bellissime e in particolare Mayer la sorvegliava e la
manteneva a dieta. In seguito scoprì che il suo amico con il quale condivideva
l’appartamento era una spia appositamente pagata dalla Mgm, la quale serviva a
riferire tutti i dettagli della sua vita e pare anche la madre della Garland
fosse spiata in continuazione. All’epoca non c’erano farmaci sicuri e tutto era
quasi una forma di sperimentazione, così per alleviare la fame dell’attrice si
decise di somministrarle un medicinale al tempo molto in uso, la benzedrina, che
doveva essere controbilanciata dai sonniferi. Questa terapia la portò alla
dipendenza dei farmaci, fino a divenire un incubo per tutto il resto della sua
vita. La ragazza tuttavia era ormai un’icona per il pubblico e la Mgm non esitò,
pur sapendo le sue condizioni di salute, a sfruttarla fino in fondo. Quando si
sposò nel 1941 con il direttore d’orchestra David Rose, sia Mayer che la sua
casa di produzione non approvarono tale scelta ne fecero nulla per aiutarla al
momento del divorzio. Negli anni Quaranta la Garlang fece altri musical tra cui
“Le fanciulle delle follie” (Ziegfield Girl), 1941, “For Me and My Gal”, 1942, “Presenting
Lily Mars” e “La parata delle stelle” (Thousands Cheer) del 1943, riscuotendo un
buon successo. Ma è il 1944 che si riporta alla ribalta con “Incontriamoci a
St.Louis” (Meet Me in St.Louis), forse il più affascinante musical della
Metro-Goldwyn-Mayer sulla rappresentazione di una famiglia americana ad inizi
Novecento. La Garland cantava, ma la prova più grande la dava nel suo stile
recitativo che mai si era visto prima, una forte drammaticità e un’espressione
affinata e sicura di ottima fattura. Il regista di quest’opera era Vincente
Minnelli, che Judy sposò finalmente con l’approvazione della Mgm nel 1945, e
nell’anno successivo l’attrice ebbe una bambina, che diverrà anch’essa famosa
con il nome di Liza Minnelli. Il parto però non le giovò anzi peggiorò la sua
crisi di salute, le condizioni psicologiche iniziavano ad avere alti e bassi, il
marito la diresse ancora in un film drammatico “The Clock” 1945, nel 1946 in un
episodio musicale di “Ziegfield Follies” (id.), e nel 1948 accanto a Gene Kelly
in un colorato musical “Il pirata” (The Pirate).
Ancora una volta la Mgm non l’aiutò, non comprese la sua malattia, non accettò i
suoi ritardi sui set e spesso anche i suoi scatti nervosi, che si andavano
accentuando sempre di più. Proprio mentre girava “Il Pirata” si ammalò
gravemente e al termine delle riprese fu costretta al ricovero forzato. Intanto
in cantiere era già pronto “Ti amavo senza saperlo” (Easter Parade), con
protagonisti la Garland e gene Kelly, che si infortunò all’ultimo e fu
sostituito con timore dalla Mgm. Il risultato fu un successo, la Garland risultò
ancora una volta simpaticissima in ogni scena e ancora una volta riuscì a
nascondere le proprie sofferenze a quale pubblico che tanto le voleva bene.
Da questo successo si decide si fare nel 1949 “I Barkley di Broadway” (The
Barkley of Broadway) con la stessa coppia, ama stavolta fu la Garland a dare
forfait per motivi di salute, ma se si guarda con attenzione la sua filmografia
veniva da lavori che l’avevano stanca moltissimo come “Parole e musica” (Worlds
and Music), 1948, biografia musicale di Rogers e Hart, nel 1949 aveva girato “I
fidanzati sconosciuti” (In the Good Old Summertime), remake musicale di
“Scrivimi fermo posta” di E.Lubitsch. L’attrice non solo recitava in questi
film, ma anche cantava e ballava, un grande sforzo per una persona che non aveva
una buona salute. Nel 1950 decise di preparare tutte le canzoni per il film
“Anna prendi il fucile” (Annie Get Your Gun), ma alla fine fu sostituita perché
ritenuta ‘poco affidabile’, ma riuscì a terminare “L’allegra fattoria” (Summer
Stock) dello stesso anno. Nel 1951 viene chiamata per sostituire June Allyson
che stava per partorire in “Sua Altezza si sposa” (Royal Wedding), anche qui
incise le canzoni, ma poco prima di cominciare si ammalò. La Mtero_goldwyn-Mayer
che la vide cresce, sposare e dargli fama nel mondo, decise che era il momento
di abbandonarla per sempre e rompere così il contratto.
Nel successivi quattro anni le cose cambiarono, si dedicò al varietà e ai
concerti inaugurando la stagione al Palladium di Londra e per diciannove
settimane si impiegò in un programma musicale al Palace di New York. Queste
fatiche la fecero cedere ancora una volta, ma si riprese divorziò da Minnelli e
sposò Sidney Luft, ebbe altri due figli, Lorna e Joey, con i quali mise su una
casa di produzione indipendente la “Transcona”. Con questa sua creatura produsse
per la Warner Bros nel 1954 “E’ nata una stella”, remake del 1936, diretto con
grande maestria e spessore da George Cukor, che riuscì a darle finalmente quella
dignità che le era stata tolta negli ultimi anni, accennando anche a qualche
momento biografico dell’attrice. Purtroppo il film ebbe molti tagli, diverse
manipolazioni e alla fine il risultato non fu dei migliori, ma Judy Garland
tornava alla ribalta come star di prima grandezza. Questo però fu il film di
chiusura della sua carriera come vera attrice, riuscirà a dare altre prove di
talento in “Vincitori e vinti” (Judgement at Nuremberg) nel 1961 sotto la
direzione di Stanley Kramer, nel 1963 ne “Gli Esclusi” (A Child Is Waiting) e
sempre in questo stesso anno in “Ombre sul palcoscenico” (I Could Go on Singing),
ma ormai non aveva più motivi per rimanere nel cinema.
Si dedicò così ai concerti nei quali il pubblico l’amava, l’acclamava e gli dava
quel calore che le serviva per continuare; i suoi guadagni fiorivano sempre di
più, pare avesse un patrimonio di otto milioni di dollari dell’epoca, ma che
fosse stato mal amministrato e quindi pieno di debiti. La salute ormai
l’abbandonava, spesso saltava i suoi concerti, il matrimonio fallito con Luft,
la guerra per mantenere lei i figli, un altro matrimonio questa volta con Mark
Herron divennero ben presto un motivo per i giornali per parlarne male e per
rendere la sua vita un pettegolezzo. Eppure la sua forza la premiava sempre e la
riportava alla luce in maniera smagliante, purtroppo la sua vita invece arrivò
alla fine in un momento inaspettato quando, appena sposata con Mickey Deane,
sembrava tutto tornato alla calma (sebbene fosse divenuta molto magra e nel viso
sofferente), fu trovata dal marito morta nell’appartamento londinese a causa di
un avvelenamento da sonniferi.
Così finì la sua sofferenza, dopo aver dato tutto al cinema, quel cinema non la
ricambiò mai di nulla; James Mason, protagonista con la Garland in “E’ nata una
stella”, disse giustamente al suo funerale: “Judy è stata una donna che ha dato
così tanto e generosamente sia al suo pubblico sia agli amici, che non c’era
moneta con cui poterla ripagare. E lei aveva tanto bisogno di essere ripagata,
aveva bisogno di devozione e di amore in misura tale da superare le risorse di
ognuno di noi”..
G.R.
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