Spesso o meglio il più delle volte quando si parla di cinema muto tra gli attori
si ricorda sempre Rodolfo Valentino, ma, come in ogni era e in ogni storia,
c’era sempre un rivale, questo era John Gilbert.
Rivale, ma anche erede, con la stessa sorte nella vita: di essere un latin
lover, un uomo affascinante e quella di morire giovane anch’egli come Rodolfo
Valentino.
Il suo vero nome era John Pringle e nacque nello Utah nel 1987, figlio di gente
di teatro, il padre dirigeva una troupe teatrale nella quale si esibiva anche la
madre come attrice. I due coniugi si separarono e il giovane John prese il nome
del patrigno, ma a suo padre deve tutta la sua carriera di attore. Infatti lo
convinse a studiare recitazione in California, studi che non portò mai a termine
per mancanza di fondi dei genitori. Fece delle piccole esperienze nel teatro di
repertorio, grazie alle conoscenze del padre fu assunto nel 1916 nel Triangle
Studio di Thomas H.Ince, consentendogli di poter finalmente calcare le scene
anche se la paga era modesta: 15 dollari la settimana! Forse proprio per questo
motivo economico, John decise che la strada migliore era Hollywood e non
Broadway.
Proprio nel 1916 iniziò la sua carriera nel cinema con l’apparizione in “Hell’s
Hinges”, questo film che all’epoca aveva suscitato discreti consensi, è oggi
ricordato come il primo grande film della storia del cinema western. Appena un
anno e Gilbert arrivò a conquistarsi le prime parti come protagonista come nel
1917 in “Princess of the Dark”, nel 1919 viene chiamato accanto a Mary Pickford
una delle celebri star del periodo muto nel film “Heart o’ the Hill”. Ebbe anche
qui successo, ma la sua recitazione non ancora matura evidentemente non lo
faceva sentire a suo agio e ciò si andò aggravando quando si sposò, il
matrimonio ebbe breve durata e lo fece sentire infelice.
Per suo fortuna incontrò il regista francese Maurice Tourneur, i due divennero
grandi amici e il regista fu consigliere dell’attore, riuscì a spronarlo persino
sulle aspirazioni di sceneggiatore e lo riportò alla recitazione questa volta
sicura, decisa e ben marcata. Gilbert recitò in diversi e ravvicinati film di
Tourneur nel 1920 in “The White Circle”, “The Great Redeemer”, “Deep Waters”,
nel 1921 in “The Bait”. Fu un’esperienza importante; nei primi tre film divenne
per la prima volta nella sua carriera anche assistente alla regia e fu anche
sceneggiatore occasionale per il regista.
Sempre nel 1921 Gilbert fu chiamato dal milionario del tempo Jules Brulantour a
dirigere alcuni film, nei quali doveva apparire per la prima volta quella che il
milionario definiva la sua “scoperta”: l’attore Hope Hampton. Il risultato fu
disastroso, senza il suo amico Tourneur accanto alla macchina da presa Gilbert
non riusciva a controllare la sua insicurezza e alla fine diresse un solo film
“Love’s Penalty”, sempre nel 1921, che fu un fiasco totale e costrinse l’attore,
riluttante alla recitazione, a tornare sui suoi passi, dividendosi anche da
Brulantour.
Così tra il 1921 fino al 1924 fu sotto contratto per la Fox, la quale lo impiegò
in una serie di film di scarso interesse , non permettendogli né di rilanciarsi
in carriera né di testare al meglio il suo stile di recitazione. Il produttore
William Fox non nutriva particolar interesse verso Gilbert, per esempio non gli
piaceva affatto il naso dell’attore, troppo grosso e poco fotogenico. Fu forse
proprio questa cattiva osservazione a far nasce in Gilbert il culto dei baffi,
riuscì a dare un taglio e un’espressività a tutto il suo volto, divenedo una
delle caratteristiche più affascinanti del suo personaggio.
Tra i film alla Fox, come detto prima poco apprezzabili, c’è uno molto
importante, l’unico degno di nota, perché diretto da John Ford nel 1923, “Il
signore dai cammei” (Cameo Kirby), ambientato nel Mississippi tra le
imbarcazioni del XIX secolo. Qui Gilbert indossa i panni di un aristocratico del
Sud costretto per esigenze economiche a fare il giocatore d’azzardo tra le
imbarcazioni fluviali. La recitazione dell’attore qui assuse un ruolo
fondamentale: per prima cosa John dominò ogni scena, ogni situazione, la seconda
fu il suo fascino magnetico, la sensualità energetica che lo spinse oltre ogni
sua precedente performance recitativa. Così al l’apice della carriera iniziò la
sua grande stagione, segnata, però, dalla sua vita privata infatti il secondo
matrimonio con l’attrice Leatrice Joy ebbe fine dopo appena due anni.
Il successo ottenuto gli permise di firmare un nuovo contratto, il produttore
della Mtero-Goldwyn-Mayer Irving Thalberg, lo volle nel suo famoso “Studio” e il
primo film di Gilbert sotto la Mgm fu “La sua ora” (His Hour) nel 1924 diretto
da King Vidor. L’eccezionale interpretazione di un irruente nobile russo diede
modo alle platee di farsi apprezzare finalmente come grande attore. A seguire
l’attore capì finalmente come dove impostare la scena con il suo corpo e come
doveva proporre il suo atteggiamento da uomo sexy, sempre unendo eleganza e
impeto di forza. Il regista Erich von Stroheim lo volle in “La vedova allegra”
(The Merry Window) nel 1925, ottenendo un’enorme successo commerciale, nello
stesso anno Vidor lo richiamò in “La grande parata” (The Big Parade) ruolo
importante e ben riuscito di un giovane americano alle armi in una Francia
distrutta dalla guerra. Nel 1926 interpretò uno spaccone in “Bardelys il
magnifico” (Bardelys the Magnificent), imitando un po’ Douglas Fairbanks, mentre
ebbe un discreto successo sempre nel 1926 “Bohème” (Bohème), versione
cinematografica della famosa opera lirica, qui accanto a Lilian Gish, poco
partecipativa nella recitazione e in contrasto con lo stile di Gilbert.
Il 1927 segna l’apice della carriera dell’attore che viene chiamato a
interpretare “La carne e il diavolo” (Flash and the Devil) con Greta Garbo.
Inizialmente Gilbert era timoroso, aveva paura che la figura carismatica
dell’attrice avrebbe influito negativamente sulla sua prova. Invece, avvenne il
contrario la coppia sul set si affiatò così tanto che alla fine Gilbert chiese
alla Garbo di sposarlo, persino volendola portare davanti a un giudice di pace.
Lo stesso regista, Clarence Brown, disse a fine riprese: “Essi erano in uno
stato d’amore beato…a volte mi sembrava di interferire nelle più intime delle
emozioni”. Effettivamente tra i due c’era molto di più che un’amicizia, il film
contribuì notevolmente a lanciare le due carriere e rimase nella memoria del
pubblico anche perché sfidò la censura del tempo con diverse scene per l’epoca
audaci. Altri due film furono fatti proprio sull’onda di questo successo “Anna
Karenina” (Love), sempre nel 1927, e nel 1928 “Destino” (A Woman of Affairs),
nei quali l’affiatamento sul set ebbe sempre un forte effetto sul pubblico. Così
la carriera di Gilbert era all’apice del successo, era stimato da tutti e
venerato dalle donne, ma ormai il tempo del muto aveva fatto il suo corso e il
sonoro aveva preso piede. La carriera dell’attore iniziò a vacillare così nel
1933 dopo aver finito le riprese de “La Regina Cristina” (Queen Christina)
sempre accanto alla Garbo, l’attore capì che tutto era ormai cambiato e che la
sua recitazione non poteva più essere accolta favorevolmente dalla Mgm e dal
pubblico. Finito sotto contratto dalla Columbia e dopo aver affrontato due
matrimoni, ancora una volta di breve durata, con l’attrice Ina Claire e con
Virginia Bruce, Gilbert si abbandonò all’alcool e per ironia della sorte
interpretò l’ultimo film nel quale era un alcolizzato che tenta di smettere, ma,
appena terminò le riprese, morì per un attacco di cuore. Rimane così un attore
che dedicò al mondo del cinema muto la sua classe, il suo fascino e il suo stile
recitativo tali da permettergli di competere con i grandi attore del tempo e di
entrarne a far parte anch’egli come divo e soprattutto come uno dei più grandi
amanti del muto.
G.R.
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