Divenne ben presto il mito degli anni Quaranta, il suo fisico e il suo sex
appeal segnarono un’epoca, ma soprattutto i suoi film sono ancor’oggi un esempio
del cinema americano capace di incantare intere folle.
Nata a Brooklyn, New York, nel 1918, il cui vero nome era Margarita Carmen
Cansino, iniziò ben presto la carriera nel mondo dello spettacolo, a tredici
anni un po’ pienotta fisicamente, ballava con il padre Eduardo, il quale
all’epoca era famoso per i balli latini che facevano entrambi nei night-club
messicani. Rita però s’impose soprattutto negli anni della dopoguerra come
simbolo dell’erotismo cinematografico che Hollywood sapeva scovare e valutare.
Lei nella vita non era quella che tutti pensavano cinematograficamente, aveva
fatto con i suoi collaboratori un lavoro impressionante sulla sua figura, sui
suoi modi e sul suo aspetto, e il film “Gilda” (1946) l’aveva resa così celebre,
che i successivi matrimoni e relazioni che ebbe andarono tutti falliti e lei
stessa ne spiegò così la causa: “Sposavano tutti ‘Gilda’, ma si svegliavano con
me”.
Nel 1933 Rita fece un provino per la Warner Bros, l’esito fu negativo la famosa
casa di produzione la scartò per la vita troppo grassa e la fronte era troppo
bassa. Il produttore capo della Fox, Winfield Sheenan, ebbe un’impressione
diversa e la scritturò perché gli piaceva il suo modo di muoversi con grazia e
leggerezza. Subito nel 1935 apparve con il nome di Rita Cansino nel film “La
nave di Satana” (Dante’s Inferno), a seguire fece altri quattro film, ma troppo
scarsi per metterla in rilievo. Ad un certo punto la Fox si fuse con la 20th
Century Films e il nuovo produttore capo Darryl F.Zanuck la sostituì per Loretta
Young in “Ramona” (id.) nel 1936 e a breve gli annullò il contratto. Senza
nessun vincolo Rita faceva quello che poteva appariva in breve sequenze come in
“Meet Nero Wolf” e in western di serie B. Così non poteva continuare, per
fortuna il marito Edward C.Judson, decise di curare personalmente Rita, la
convinse a studiare recitazione, dizione, la mise a dieta, gli cambiò gli abiti
la fece truccare a modo e la sottopose all’elettrolisi ottenendo una fronte più
spaziosa. Quando la Hayworth si presentò di fronte al capo della Columbia Harry
Cohn, ne rimase così affascinato che le fece un contratto di 250 dollari alla
settimana con un bonus che a questi ne avrebbe aggiunti altri 1750 nei
successivi sette anni. Non contento di ciò le modificò il nome affinchè non
fosse riconoscibile con le precedenti prestazione che aveva offerto nei primi
film, poi le fece fare qualche film di basso costo che le servì soprattutto per
acquisire mestiere, ma Rita stavolta era pronta a tutto anche ad aspettare dieci
anni pur di divenire una star.
Nel 1939 si fece finalmente notare nel film di Howard Hawks “Avventurieri
dell’aria” (Only Angels Have Wings), lei era la non protagonista, ma tanto bastò
per dimostrare che aveva il talento giusto. Al pubblico piacque e anche i
critici la menzionarono positivamente accanto ai due protagonisti del calibro di
Cary Grant e Jean Arthur. In seguito alla Mgm il regista George Cukor, famoso
per essere nominato ‘il regista delle donne’, l’aveva chiamata come protagonista
in “Incantesimo” (Holyday) nel 1938, la preferì a Katharine Hepburn, ma non se
ne dimenticò, infatti nel 1940 la chiese in prestito alla Columbia e gli diede
una parte secondaria in “Peccatrici folli” (Susan and God), sfidando la prima
grandezza di Joan Crawford. Il suo personaggio era secondario, ma richiedeva
glamour e soprattutto buona recitazione, la Hayworth non tradì questa richiesta
e fu successo ai botteghini. La Columbia si apprestò subito a richiamarla con
sé, iniziò a lanciarla in campagne pubblicitarie e lo stesso capo della Columbia
si rese conto di aver scoperto un nuovo talento, ma nella realtà ancora faticava
a rendersi conto di quali soggetti aveva bisogno per portarla nelle grazie del
pubblico.
Fu messa alla prova con due film diretti da Charles Vidor “Seduzione” (The Lady
in Question), e “Angeli del peccato” (Angels Over Broadway) tutti e due del
1940, entrambi ottennero un buone recensione da parte della critica, ma di
pubblico entusiasta ne raccolsero ben poco. Ancora una volta il produttore Cohn
fu costretto a prestarla ai diretti rivali, che a quanto pare avevano capito
come gestirla. Fu la Warner a lanciarla e a fargli ottenere il grande successo
con “Bionda Fragola” (The Strawberry Blonde), 1941, film creato apposta per Ann
Sheridan, la quale rifiutò all’ultimo e così la Hayworth ottenne questa parte
nella quel interpretava un ragazza disinvolta e divertente la quale cerca in
ogni modo di far innamorare James Cagney. La Warner la spinse al genere comico,
ma non ottenne il successo del precedente film, così la diede alla 20 Century
Fox che aveva in programma nel 1941 “Sangue e arena” (Blood and Sand) con
protagonista Carol Landis, la quale rifiutò di farlo perché doveva tingersi i
capelli di rosso e il personaggio non era alqualto positivo. Così la Hayworth
ottenne la parte di Donna Sol, aiutata da ad un Technicolor stupendo e da una
regia di Mamoulian impeccabile, Rita creò un personaggio sensuale e
affascinante, difficilmente dimenticabile. Al botteghino il film non ebbe il
successo meritato, ma la Hayworth orami era diventata famosa e tra il 1941 e il
1942 fece ben 23 apparizioni sulle prime pagine delle copertine delle riviste
più in voga del momento.
Aveva bisogno di parti che la rendessero simpatica e che la facessero sembrare
la ragazza della porta accanto, semplice, che piacesse sia alle donne che agli
uomini, il tipo di donna interpretato in “Bionda fragola” era quello che serviva
in quel momento.
Dal 1941 in poi la Columbia decise di impiegarla in parti musicali, la voleva
come diva del musical e al pubblico piacevano quei numeri nei quali riprendeva
la sua prima arte: il ballo. La sua voce però non era molto intonata quindi la
si fece doppiare in ogni film, cosa che la stessa Columbia mantenne per anni in
grande segreto pur di non rovinare l’immagine perfetta della sua star di prima
grandezza. Così in “L’inarrivabile felicità” (You’ll Never Get Rich), 1941, “Non
sei mai stata così bella” (You Were Never Lovelier), 1942, era quei piccoli
musical che divenne ben presto grandi grazie alla Hayworth accompagnata per
l’occasione dal mitico Fred Astaire. “Fascino” (Cover Girl), 1944, arrecò fama
internazionale a Rita, la quale volteggiava con Gene Kelly in bellissimi numeri
musicali tratti dalle canzoni di Kern e Ira Gershwin.
Nel 1946 la Hayworth raggiunse l’apice della sua carriera, smessi i pani della
ballerina, la Columbia decise di affidargli un personaggio di rilievo in un film
noir dal titolo “Gilda”. In questa nuova immagine, Rita, affiancata da Glenn
Ford, maturò una nuova recitazione, più marcata rispetto alle precedenti opere e
soprattutto piacque ad una America appena uscita dalla seconda guerra mondiale.
Questo spessore di maturazione recitativa fu notato dal pubblico, ma non dalla
critica che seppe valutare “Gilda” come un’opera intensa e ricca di personalità.
Nel 1947 “Bellezze in cielo” (Down to Earth), realizzato con un super
Technicolor, non ottenne il successo del precedente film, realizzò un buon
risultato ai botteghini, ma “Gilda” ne offuscò il probabile successo.
Iniziò così un declino, durato circa sette anni, nel quale la Hayworth non seppe
risolversi, anzi tentò in ogni modo di trovare la giusta parte in ogni film che
faceva, ma i risultati non erano quelli sperati né da lei né dalla sua casa di
produzione, che si accontentava di fare opere che potessero andar bene al
botteghino, ma nulla di più. A riprova di quanto detto va menzionata in questi
sette anni il miglior film che realizzò: “La signora di Shanghai” (The Lady From
Shanghai) nel 1947. Opera voluta, realizzata e interpretata dal marito della
Hayworth, il geniale Orson Welles. Welles mai al passo con suoi tempi, ma sempre
con lo sguardo oltre, creò un’opera disastrosa sotto ogni forma da quella
economica, che fu un disastro finanziario, al fatto di non confezionare il film
su misura per sua moglie, alla quale tagliò i suoi bei capelli lunghi e da rossi
li fece diventare biondi, non la fece ballare né cantare se non una buffa
canzone. Lontano dagli aspetti positivi di “Gilda”, il pubblicò non apprezzò
questa decisione, ma ormai a distanza di anni e a causa dell’anticipo dei tempi
“La signora di Shanghai” risulta essere un film decisamente bello con una trama
noir molto interessante, e la stessa Hayworth nel corso degli anni ha sempre
sostenuto che questo film fosse uno dei migliori lavori ai quali lei stessa
abbia partecipato.
Sempre sotto contratto della Columbia nel 1948 realizzò “Gli amori di Carmen”
(The Loves of Carmen) e dopo quattro anni nei quali si sposò con Alì Khan, fu
chiamata in “Trinidad” (Affair in Trinidad), 1952, remake senza nerbo di
“Gilda”. Nel 1953 passò al genere biblico con “Salomè”, opera mediocre, che
ottenne poco successo e sempre nello stesso anno fece “Pioggia” (Miss Sadie
Thompson) realizzato a colori e in 3-D, passato inosservato dal pubblico. Nel
1957 accanto a Frank Sinatra e Kim Novak interpreta la donna matura in “Pal Joy”
(id.) e ottiene forse l’ultimo successo della sua carriera. Sempre per la
Columbia nel 1959 interpreta un western accanto a Gary Cooper “Cordura” (id.),
film interessante, ma non per il pubblico dell’epoca. Passò così al genere
drammatico anche perché iniziava ad avere un’età che non permetteva più di
indossare i panni di una ragazza. Interpretò un’attrice in declino in “Tavole
separate” (Separate Tables), 1958, in “Inchiesta in prima pagina” (The Story on
Page One), 1959, era una moglie delusa, accusata di omicidio. Nel 1964 fu la
volta de “Il circo e la sua grande avventura” (Circus World), nel 1965 diede
grande prova di recitazione con “La trappola mortale” (The Money Trap), ma ormai
il declino la tormentava e non c’era più nessuna speranza; nel 1970 l’ultima
fatica di notevole spessore se si pensa agli anni e ai problemi legati anche
alcoolismo in “Quando il sole scotta” (Sur le route de Salina) interpretando
un’ex attrice alcolizzata. La Hayworth fu colpita negli anni Ottanta anche
dall’Alzheimer, e non più in possesso delle facoltà mentali nel 1981 fu chiesto
alla corte di Los Angeles di nominare un tutore che la custodisse. Dopo pochi
anni morì in maniera triste, lasciando però un bagaglio di film di cui
difficilmente si può dimenticare, tanto meno ci si potrà mai scordare di quel
fascino e di quei capelli così rosso fuoco che il cinema mai ne aveva veduto
fino a quel momento.
G.R.
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