Attore dal fascino virile, acclamato dalle platee di tutto il mondo, fu uno di quei pochi attori che riuscì ad incarnare i valori positivi di quella generazione silenziosa degli anni Cinquanta dell’era Eisenhower.
Nella realtà si chiamava William Beedle junior, nacque nell’Illinois, di famiglia era benestante, il padre era un chimico industriale, la madre un insegnante. A soli tre anni si trasferì con la famiglia in California a Pasadena. Durante il college studiò anche recitazione e si appassionò all’arte recitativa, fece qualche rappresentazione per le radio locali e per la compagnia teatrale Pasadena Playhouse, nella quale emerse, facendosi notare nel 1937 dagli agenti della Paramount che lo portarono subito a Hollywood.
Il suo esordio nel 1938 in “Prison Farm”, ma nel 1939 già era protagonista in “Passione – Il ragazzo d’oro” con Barbara Stanwayck, alle prese con il dilemma di fare il pugile o il violinista. La Columbia Pictures lo notò e prelevò dalla Paramount, la metà del contratto così William si trovò a dover lavorare per due compagnie, ma, appena scoppiata la guerra, si arruolò come paracadutista.
Di ritorno dalla guerra, William Holden fu chiamato da Billy Wilder in “Viale del tramonto”, chi pensava fosse un attore fuori parte o troppo stanco per le vicende vissute durante la guerra, si dovette ricredere, per lui fu la grande occasione di dimostrare chi fosse veramente e che alle spalle aveva ormai dieci anni di carriera recitativa. William mise in scena tutte le tensioni che sarebbero state poi riprese durante le future opere cinematografiche. Il suo aspetto giovanile e la sua doppia morale da una parte onesto e intelligente dall’altra cinico e opportunista piacevano al pubblico e ben presto divenne una star.
Non solo era capace di queste doti, ma anche di rappresentare un personaggio semplice, senza troppe psicologie nascoste, come il giornalista di “Nata ieri” (A Star Is Born) del 1950, o nei panni di un eroe della seconda guerra mondiale in “I ponti di Toko-Ri” (The Bridges at Toko-Ri) del 1954 o anche di un giovane innamorato in “L’amore è una cosa meravigliosa” (Love Is A Many Splendored Thing) del 1955.
Ebbe grande successo nell’interpretazione del prigioniero di guerra in “Stalag 17 (id.) del 1953, dove ottenne il suo unico Oscar, grazie ad un interpretazione originale nella quale emergeva un carattere cinico e comico, nascondendo sempre nel suo profondi una forte dose di ambiguità. Nel 1954 interpretò “La sete del potere” (Executive Suite) un uomo probo, obbligato a lottare per sopravvivere all’interno della sua azienda. Smpre nello stesso anno fu diretto nuovamente da Billy Wilder, il quale lo volle accanto ad Humphrey Bogart e Audrey Hepburn in “Sabrina” (id.) romantica storica d’amore nella quale William era un playboy che vuole conquistare Sabrina, ma poi se la vedrà con il fratello interpretato da Bogart.
Un’altra bella interpretazione fu quella in “La ragazza di campagna” con Grace Kelly e Bing Crosby, in cui Holden era un regista teatrale che cerca ad ogni costo di riportare sulla scena un attore alcolizzato. L’attore dimostrò sempre nel suo lavoro un’umiltà artigianale senza pari, ma dietro la sua modestia, il suo stile sempre impeccabile si celava una lunga gavetta, una lunga lotta per riuscire ad arrivare sin lì dove lo si vedeva in quel momento. Aveva sempre lottato per ottenere le migliori parti e allo stesso tempo era divenuto un abile uomo d’affari e aveva acquisito notevoli capacità d’investimento. Inoltre era diventato un viaggiatore di ogni terra, un forte bevitore, schivo dal clamore pubblicitario a cui Hollywood riservava per ogni sua star.
Nel 1955 fu un affascinante giramondo ed anche un dongiovanni in “Picnic” (id.), nel 1957 fu la volta di un grande kolossal “Il ponte sul fiume Kwai” (The Bridge on the River Kwai) indossando i panni di un soldato americano implicato in una rischiosa operazione di sabotaggio, William ottenne un acclamazione di pubblico senza pari e forse fu il culmine della sua carriera. Di fatto con gli anni Sessanta e Settanta l’attore ebbe un declino come del resto tutti i suoi colleghi dell’epoca, ma egli non si perse d’animo, anzi mise a frutto la sua esperienza di uomo d’affari (si stabilì in Svizzera e prese due residenze in Kenya e Hong Kong) e i suoi interessi come l’ecologia, l’antropologia e l’archeologia.
Nel 1969 Sam Peckinpah lo volle in “il mucchio selvaggio” (The Wild Bunch), invecchiato notevolmente lo si vide ancora ruggire come una volta, in una magnifica interpretazione di un cattivo. A seguire fu chiamato per altre interpretazioni: “Los Angeles, 5° distretto di polizia” (The Blue Knight) del 1973 e in “Quinto potere” (Network) del 1976, opera di denuncia sui comportamenti della televisione, nella quale interpretazione William Holden fu indimenticabile accanto a Peter Finch.
Nel 1981 l’attore che più di tutti aveva simboleggiato l’America degli anni Cinquanta morì in circostanze che a tutt’oggi non risultano chiare, pare sia caduto, probabilmente ubriaco, sbattendo la testa contro un tavolo, ma la sua morte, di cui fu trovato il cadavere il 16 novembre, venne accertata dal medico legale il giorno 12. Con William Holden scomparve un mito, che aveva fatto breccia nel pubblico, che aveva simboleggiato un periodo storico ben preciso e che ancor oggi rimane un esempio di come gli attori dovrebbero recitare sullo schermo.
G.R.
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