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LA BANDA DEGLI ANGELI
(Band of Angels)
Regia: Raoul Walsh
Cast: Clark Gable ... Hamish Bond
Yvonne De Carlo ... Amantha Starr
Sidney Poitier ... Rau-Ru
Efrem Zimbalist Jr. ... Lt. Ethan Sears
Rex Reason ... Capt. Seth Parton (Union officer)
Patric Knowles ... Charles de Marigny
Torin Thatcher ... Capt. Canavan
Andrea King ... Miss Idell
Ray Teal ... Mr. Calloway
Russell Evans ... Jimmee (Bond's steward)
Carolle Drake ... Michele (Bond's housekeeper)
Raymond Bailey ... Mr. Stuart (plantation owner)
Tommie Moore ... Dollie (Bond's house servant)
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Sceneggiatura: John Twist, Ivan Goffe, Ben Roberts dal romanzo di Robert Penn Warren
Fotografia: Lucien Bellard (Warnercolor)
Montaggio: Folmar Blangsted
Scenografia: Franz Bachelin, William Wallace
Costumi: Marjorie Best
Trucco: Gordon Bau
Musiche: Max Steiner
Produzione: Raoul Walsh per la Warner Bros
Anno: 1957 Nazionalità: USA colore 125 min.
Stati Uniti, poco prima della guerra di Secessione (1861-1865), Amantha Star (De Carlo), la figlia di un ricco piantatore della Louisiana, solamente alla morte del padre scopre di essere la figlia di una schiava di colore e di non avere alcun diritto all’eredità. Diventa così la schiava del ricco ed ex razziatore di schiavi, Hamish Bond (Gable). A dividerli ci saranno prima la differenza di censo e i rispettivi passi, poi la guerra e la sconfitta del Sud, l’espropriazione delle terre di Hamish, l’odio degli ex schiavi liberati guidati da Rau-Ru (Poitier), ma alla fine l’amore non potrà che trionfare.
Un film dai forti toni romantici, in cui Walsh cerca materiali e colpi di scena tanto da dare ai suoi personaggi continue prove tali da obbligarli, come spesso avviene nei suoi film, a separarsi da un mondo che sembrava già loro. In particolare sembra curioso come il regista curi la protagonista, essendo definito un maschilista per eccellenza, con dovizia, senza quindi far diventare la donna un puro oggetto sessuale. Walsh fa della sua opera non una denuncia sugli abusi della schiavitù o sul piaga del razzismo, ma dedica tutta l’attenzione ai conflitti dei personaggi, le loro psicologie in particolare rivivono i temi walshiani per eccellenza quali la memoria e il passato e più di tutti la condanna a cui non si può sfuggire. Con delicatezza e senza troppi stratagemmi cinematografici quali i flashback, per ricorrere al passato, dona alle immagini un impatto immediato, emozioni vive proprie dei suoi personaggi. E proprio per questo motivo non è da confrontare con “Via col vento”, infatti diverse sono le ambizioni (vedi il finale, dove la speranza di un nuovo futuro non è convenzionale con l’happy end hollywoodiano, ma una specie di seconda possibilità esistenziale che il regista concede ai suoi personaggi). Rieditato col titolo “La frusta e la carne”. Uscì nelle sale il 3 agosto 1957.
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